Mike Hawthorn

Wodehouse l'ha sempre messo di buon umore. Leggere è il suo modo di rilassarsi, di concentrarsi. Vi poteva capitare di vedere Mike passeggiare leggendo. Lui, Jonh Michael Hawthorn, il Campione del Mondo. Il primo campione del Mondo Inglese. Usava i libri per iniziare bene la giornata. Per Mike la morte di Peter Collins era stata un trauma. Un grosso dispiacere. Quella tra Peter e Mike era una amicizia vera. Una di quelle amicizie che raramente si sono viste nel duro mondo della Formula 1. Era rimasto talmente scioccato che aveva deciso di ritirarsi dalle corse. Ritirarsi da Campione del Mondo è una scelta difficile. Sopprattutto per lui che aveva le potenzialità per fare molto di più. Aveva avuto una carriera difficile: due incidenti gravi lo costrinsero a stare lontano dalle piste per molto tempo. Aveva iniziato a correre con le Formula 1 nel 1951, sponsorizzato da un facoltoso amico del padre. Non tardò a entrare nella corte di Ferrari: quell'inglese biondo, riservato, sempre col papillion, piaceva molto al commendatore. Alla Ferrari conobbe piloti del calibro di Farina, Ascari e Villoresi. Piloti da cui imparò in fretta e benissimo. Nel 1955, per la morte del padre in un incidente stradale, è costretto a tornare in Inghilterra. Fu quello un anno terribile per Mike: oltre al resto fu anche accusato di essere causa dell'incidente di Le Mans. Nel 1958 torna a Modena. Si laurea Campione del Mondo vincendo un solo Gran Premio. Poi il ritiro.

11 Giugno 1955. 24 Ore di Le Mans. Comincia la gara che porterà alla peggiore tragedia che il mondo delle corse ricordi. Castellotti su Ferrari balza in prima posizione seguito dalla Jaguar di Hawtorn. Fangio, che è partito male, sta correndo a tutta velocità per risalire dalla quattordicesima posizione. Presto riaggancia Hawthorn e lo supera per poi essere a sua volta risorpassato nel giro successivo. Hawthorn e Fangio, superato Castellotti, ripropongono la loro epica sfida di Reims del 1953. Alle 6 e mezza del pomeriggio scocca l'ora della prima fermata ai box. Dopo aver passato la Casa Bianca Hawthorn imbocca precipitosamente il rettilineo principale e si lancia nei box. Questa manovra prende di sorpresa Macklin, sulla sua più lenta Austin-Healy che viene così costretto ad un brutto scarto a sinistra. Nel frattempo la Mercedes di Pierre Levegh che sta sopraggiungendo si trova la strada sbarrata dalla Austin-Healey. La tampona alla velocità di 250 km/h. L'impatto é tale che l'auto prende il volo e si schianta contro la barriera di protezione che separa gli spalti dalla pista. L'auto si incendia e il motore ed una sospensione staccatisi durante l'urto falciano la folla uccidendo 83 persone e ferendone più di 100. Il tragico incidente, del quale Hawthorn è stato involontario responsabile, ossessionerà il pilota inglese per il resto della sua vita.

La VDU 881 non era una macchina semplice. Solo Mike Hawthorn avrebbe potuto guidare quella macchina come la guidava Mike Hawthorn. Era la macchina con la quale aveva corso e vinto molto. E adesso la usava normalmente. Aveva fretta Mike. Aveva un appuntamento e andava di fretta. Aveva paura di diventare un vecchio ricco, triste e famoso. Era malato Mike, gli avevano detto che non avrebbe vissuto ancora a lungo. Andava di fretta pensando a quando era stato un pilota. Sei mesi fa, una vita fa. Andava veloce. Troppo veloce. E a quella velocità è stato un attimo. La curva, la macchina che sbanda.