Ludovico Scarfiotti

Parkes e Scarfiotti. E’ stata una coppia ideale per le corse a lunga distanza. Un binomio che ha dato dimostrazioni di forza e di volontà di vincere. Uno completava l’altro. L’inglese, ormai modenese, con le sue abitudini italiane innestate sulla determinazione albionica; il marchigiano di Torino con la sua esuberanza di giovanotto apparentemente senza problemi nella vita.

"Irruente oltre misura, avrebbe corso con qualsiasi tipo di macchina, in qualsiasi momento, su qualsiasi pista". Così Ferrari ricorda Scarfiotti. Ragazzo di ottima famiglia, comincia a vincere con le vetture turismo e si impone due volte nell’Europeo della Montagna. Nei prototipi si fa valere: vince la 1000Km del Nurburgring con Vaccarella; Sebring e Le Mans con Surtees. Ma sogna soprattutto quella F1 che Maranello gli concede con parsimonia. Disputa in tutto 8 corse.

Trionfa nel GP di Italia a Monza del 1966, primo italiano dopo Ascari. Poi prova con la Eagle e la Cooper. Capisce tuttavia che le ruote scoperte sono la via giusta. Accetta la proposta della Porsche per guidare i prototipi (1968). Ed è secondo a Brands Hatch. Ma in giugno in Germania, nelle prove della corsa in salita di rossfeld per l’Europeo della Montagna, esce di strada. Sbalzato dalla vettura, batte la testa contro una roccia e muore.