La storia della Lancia
Vincenzo Lancia nasce il 24 agosto 1881 a Fobello, in
Val Sesia. Il padre, il cavalier Giuseppe Lancia, ha fatto fortuna con
l'industria dei cibi conservati. Grazie alle condizioni agiate, la famiglia
trascorre l'estate nella villetta di Fobello e il resto dell'anno a Torino,
nello stabile di proprietà in corso Vittorio Emanuele. Il cavalier Lancia ha
pensato a un avvenire per ciascuno dei quattro figli: Giovanni, Arturo, Maria e
Vincenzo, chiamato affettuosamente Censin. Quest'ultimo sarà avvocato. A scuola,
però, Censin è un disastro. Sveglio lo è, anche troppo forse, ma non si applica.
È distratto, svogliato. A malincuore, il padre deve rinuciare all'idea di farne
un avvocato. Così a dodici anni lo spedisce in collegio, con l'intento di fargli
prendere almeno il diploma di ragioniere.
A distrarre il ragazzo dallo studio è l'officina che i fratelli Ceirano hanno
aperto nel cortile della casa paterna. Vi costruiscono biciclette che vendono
con il marchio Welleyes perché i nomi inglesi hanno più presa sul pubblico.
Censin frequenta il locale dei Ceirano e in breve diventa un meccanico provetto.
Quando poi i due fratelli iniziano a lavorare sulle
prime automobili, il ragazzo è affascinato dai motori. Scappato dal collegio,
Vincenzo riesce a strappare al padre il permesso di lavorare dai Ceirano. Viene
assunto con la qualifica di contabile (pare l'abbia preteso il cavalier Lancia,
ritenendola meno disdicevole di meccanico), ma anzichè di contabilità, si occupa
dei motori da riparare.
Nel 1899, trovati alcuni finanziatori, i fratelli Ceirano iniziano a produrre
una vetturetta progettata dall'ingegner Aristide Faccioli. L'automobile Welleyes
ha un buon successo, ma i Ceirano non possono far fronte alle ordinazioni. A
luglio accettano l'offerta di Giovanni Agnelli e cedono per 30 mila lire tutti
gli impianti e i brevetti della Welleyes, da cui sarebbe derivata di lì a poco
la Fiat 3,5 HP. Lancia, che ha 18 anni, e il coetaneo Felice Nazzaro, da poco
entrato in azienda, vengono assunti in Fiat come collaudatori.
Nei primi anni di vita, la Fiat partecipa intensamente
alle competizioni. Al volante dei bolidi, Lancia e Nazzaro. Quest'ultimo è uno
"stilista" del volante. Lancia, invece, ha una guida impetuosa. È anche più
veloce, quando non incappa in qualche disavventura meccanica. Meticoloso ed
esigente sul lavoro, fuori diventa allegro e gioviale. Grande e robusto fin da
bambino, da adulto Lancia è un omone con la passione per la buona tavola, le
bevute con gli amici e per l'opera. Buon conoscitore della musica, ama in
particolare Wagner.
Nel 1906, come abbiamo visto, diventa costruttore e con l'amico Claudio Fogolin
fonda la Lancia. Nel 1922, quando è già un industriale di successo, sposa la
segretaria Adele Miglietti. Avrà tre figli: Anna Maria, Gianni ed Eleonora.
Continua a seguire in prima persona lo sviluppo dei nuovi modelli, spesso
partecipando direttamente ai collaudi.
La morte arriva prematura il 15 febbraio 1937 a neppure
56 anni. Durante la notte è vittima di un attacco di cuore. Spera si tratti di
un malessere passeggero e non vuole svegliare la moglie. Solo alle sette del
mattino fa chiamare il medico di famiglia, che si precipita. Ormai, però, non
c'è più nulla da fare.
Muore, inaspettatamente, uno degli uomini ai quali dobbiamo alcune delle pagine
più importanti della storia dell'automobile. Intuizione, originalità e coraggio
sono i tratti distintitivi che contraddistinguono il suo lavoro di costruttore.
Non a caso il suo testamento spirituale è ancora un'automobile: l' Aprilia. Il
modello, che sembra assommare le tradizioni dell'azienda e le virtù dell'uomo
viene accolta dapprima con scetticismo, con stupore. Troppo audace la linea,
troppo innovativa la tecnica. Bisogna aspettare qualche tempo perché questa
Lancia scattante, stabilissima e di stile incredibilmente moderno diventi la
regina della strada apprezzata da tutti. Solo la genialità di Vincenzo Lancia
aveva già visto tutto ciò. Prima.
Signorili, eleganti, mai eccessive.
Questi i caratteri che gli automobilisti hanno sempre attribuito alle vetture
Lancia. Ma non va dimenticato che poche Case hanno contribuito come
Lancia al progresso dell'automobile, proponendo soluzioni tecniche inedite,
talvolta controcorrente, spesso semplicemente in anticipo rispetto alle
richieste degli automobilisti. Già il primo modello, l'Alpha, stupisce nel 1907
per l'elevata potenza specifica. Nel 1913, la Theta presenta il primo impianto
elettrico integrato nella vettura.
Siamo nel 1918 e due "attestati di privativa industriale" coprono con il
brevetto un prototipo di motore a otto cilindri disposti su due file a 45 gradi
e un altro di un propulsore a 12 cilindri, sempre a V, di 30 gradi. Quest'ultimo,
presentato con il suo autotelaio ai Saloni di Londra e di Parigi del 1919 è un
gruppo impressionante, con basamento fuso in un solo blocco e albero a gomiti
con 12 manovelle, sei delle quali (il gruppo destro) angolate di 40 gradi
rispetto alle altre. L'accoglienza è entusiastica. Non verrà mai prodotto in
serie per ragioni fiscali e di mercato.
Poi c'è la Lambda, il modello più rivoluzionario. Nel 1922 anticipa due svolte
tecniche fondamentali nell'evoluzione dell'automobile: la scocca portante e le
sospensioni anteriori a ruote indipendenti.
Pionieri dell'attenzione al comfort, i tecnici Lancia
brevettano nel 1931, per l'Astura, un sistema di montaggio elastico del motore
che può oscillare liberamente e quindi non trasmette vibrazioni al telaio e alla
carrozzeria. Nel 1933 arriva l'Augusta, prima berlina al mondo (quindi prima
vettura a guida interna) con carrozzeria monoscocca. Porta tante altre
innovazioni importanti nella storia della tecnica automobilistica: dalle
sospensioni anteriori indipendenti con molloni elicoidali racchiusi in foderi
verticali (un altro brevetto Lancia) alla sospensione posteriore con balestre
fulcrate su "silentbloc" davanti e su "biscottini" con perni a rulli dietro;
dalla ruota libera comandabile dal posto di guida all'albero di trasmissione con
giunti a dischi flessibili anziché a cardano, ai freni a comando idraulico che
Lancia è tra le prime fabbriche europee ad adottare.
Negli anni Trenta, con la produzione dell'Augusta, dell'Artena e dell'Astura s,
viene anche inaugurato il sistema di apertura delle porte "a libro" (senza
montante centrale), che permette ai passeggeri di salire in auto con grande
comodità.
L'Aprilia (1937) introduce la ricerca aerodinamica e le sospensioni indipendenti
sulle quattro ruote. L'Ardea, dalla terza serie ha il cambio a cinque rapporti,
l'impianto elettrico a 12 Volt e gli ammortizzatori Houdaille. L'Aurelia , nel
1950, è la prima auto con motore 6 cilindri a V di 60 e con il cambio sull'asse
posteriore in blocco con il differenziale.
Ed ecco gli anni dell'impegno in F1. Nasce la D 50 ed è
una monoposto con soluzioni inedite per i tempi. Ha il gruppo cambio-propulsore
sospeso e sistemato trasversalmente dietro l'asse posteriore. Monta una frizione
a doppio disco preceduta da un rinvio conico a più rapporti, facile da sosituire.
Adotta un cambio di velocità a 5 rapporti, quattro dei quali sempre in presa con
innesto laterale del tipo "a dente perso" per facilitare il passaggio delle
marce. Anche il rinvio finale con ingranaggi cilindrici è a più rapporti.
Dieci anni dopo, con la Flavia, la Lancia torna ad essere all'avanguardia con la
trazione anteriore, i freni a disco e l'iniezione della benzina. Poi è la volta
della Fulvia, il cui motore superquadro (72x67 mm) adotta un'inedita e
personalissima distribuzione con due alberi a camme in testa.
Siamo ormai agli anni Settanta e la storia dei primati tecnologici Lancia
continua: con la Stratos, la cui carrozzeria è realizzata in lega leggera e
vetroresina, con la Beta Montecarlo Turbo turbo che è dotata di motore centrale,
iniezione elettronica e turbocompressore.
Nel 1982 la Trevi propone l'iniezione elettronica Jetronic e, per la prima volta
su una vettura di serie, il compressore volumetrico di sovralimentazione, che
prende il nome di Volumex. Innovativa è la Lancia Rally 037 con i suoi 4
cilindri, 16 valvole, sovralimentati con volumex e la carrozzeria in
vetroresina. All'avanguardia è la Thema, grazie all'ABS, al turbocompressore con
over-boost e intercooler, agli alberi controrotanti di equilibratura e alle
sospensioni a smorzamento controllato.
Nel 1985 fa il suo esordio la Delta S4, per la quale
Lancia fa largo uso di materiali compositi e che dispone di trazione integrale e
di doppia sovralimentazione: turbo e volumex. La Y10 è la prima vettura che
adotta il piccolo e innovativo motore Fire, mentre sulla Thema 8.32 fa la sua
comparsa (ed è la seconda volta in casa Lancia) un motore Ferrari, 8 cilindri 32
valvole, e l'idroguida a controllo elettronico Servotronic. Nel 1986 debutta la
Delta HF 4WD che è un concentrato di tecnica avanzata: trazione integrale,
differenziale centrale con giunto viscoso Ferguson e differenziale posteriore
Torsen. Nello stesso anno compare anche la Y10 4WD dotata di trazione integrale
inseribile con servocomando a ruote libere.
L'evoluzione continua anche negli anni più recenti. Basti pensare alla Delta HF
Integrale 16V che nel 1989, presenta l'ABS a 6 sensori e un sistema di trazione
a tre differenziali: uno anteriore libero, uno centrale con ripartitore di
coppia epicicliodale e giunto viscoso Ferguson, uno Torsen posteriore. Oppure
alla Y10 Selectronic (1989) dotata di cambio a variazione continua con frizione
elettromagnetica, o alla Dedra HF Turbo (1990), equipaggiata con "viscodrive" e
turbompressore completo di boost-drive.
La Lancia k (1994) adotta una nuova famiglia di motori
a 5 cilindri in linea (due a benzina e uno turbodiesel) che si segnalano per
particolari doti di elasticità e silenziosità di funzionamento. La Lancia Y,
presentata nel '95, è la prima vettura di grande serie disponibile in oltre
cento tinte di carrozzeria: risultato reso possibile anche da alcuni fattori di
eccellenza industriale. La Lancia k SW (1996) offre di serie il sistema
idropneumatico autolivellante Nivomat, per la prima volta abbinato a sospensioni
del tipo Mc Pherson.
L'elenco potrebbe continuare con tanti altri esempi, ma i primati tecnologici
citati bastano a dimostrare la capacità di innovare che Lancia ha saputo
mantenere lungo tutti i suoi novant'anni di storia. Risultati scaturiti non dal
gusto per la tecnica d'avanguardia fine a sé stessa, ma dalla volontà di offrire
ai clienti un sempre maggiore comfort di marcia, miglioramenti continui della
tenuta di strada e della sicurezza attiva, prestazioni di volta in volta più
soddisfacenti.
Seppure più indirizzati all'evoluzione tecnologica
delle parti meccaniche dell'auto, i progettisti della Lancia non hanno mai
trascurato l'aspetto estetico dei prodotti. Ripercorrendo i novant'anni di
storia del marchio, infatti, si scoprono tratti esclusivi anche per quanto
riguarda lo stile: nelle forme complessive delle auto, in alcuni particolari
importanti, nei materiali impiegati.
Siamo ai primi anni del secolo e le case automobilistiche non hanno un reparto
di carrozzeria. L'allestimento è affidato a carrozzieri esterni che operano in
modo artigianale. La maestria della Lancia è nel progettare autotelai speciali,
tanto speciali da essere i preferiti dai carrozzieri fino a tutti gli anni
Quaranta. Le carrozzerie fuoriserie sulle scocche della Lambda, dell'Augusta,
dell'Artena, dell'Astura e dell'Aprilia fanno conoscere nel mondo uno stile
unico per estro e genialità: quello italiano
La Lancia, dal canto suo, quando inizia a "vestire" le
proprie auto, lo fa con un rigore strettamente connesso alla sobrietà voluta dal
fondatore. Una Lancia deve essere un'automobile di classe e di spirito
innovativo che rifiuta gli stereotipi estetici derivanti dalla moda corrente,
senza dimenticare di sviluppare di continuo la propria "riconoscibilità". Lo
stile Lancia rappresenta, nel tempo, una elegante originalità, mai banale,
direttamente connessa ad un processo di innovazione nella tradizione. Le Lancia,
soprattutto, non cedono alla tentazione di allinearsi ai gusti consolidati. Al
contrario, cercano con determinazione una propria identità estetica, spesso in
forte anticipo sui tempi. Basti pensare alla forma aerodinamica dell'Aprilia,
presentata nel '37, quando il panorama automobilistico contemporaneo propone
solo vetture squadrate, oppure alla Fulvia coupé assolutamente originale
rispetto alla concorrenza dell'epoca.
Rinnovare e rielaborare i propri "stili"senza farsi tentare da operazioni di
"collage" degli elementi "di moda" è la strada percorsa da Lancia. L'esempio più
evidente di questo modo di operare si ritrova nell'evoluzione della calandra,
che partendo da una forma a scudo verticale, via via si evolve in senso
orizzontale e in modo più moderno, ma sempre mantenendo la propria
riconoscibilità. Un altro elemento di continuità stilistica si ritrova nella
simmetria della finestratura laterale anteriore rispetto a quella posteriore.
Unica eccezione a questa regola di continuità, la
scelta della forma del fanale anteriore, che ha spesso rappresentato un tocco di
originalità, sia pure all'insegna della coerenza. Ricordiamo, ad esempio, i
fanali della Dilambdadel '29 disegnati a scudo tridimensionale come richiamo del
marchio Lancia.
Nel tempo alcuni tessuti utilizzati per gli arredi interni e alcuni colori di
carrozzeria si legano così strettamente alla Casa da diventare, nel linguaggio
comune, una cosa sola: "il panno Lancia", "il blu Lancia". Più di recente, altri
materiali diventano patrimonio esclusivo di Lancia. Sono il tessuto "Alcantara",
i rivestimenti in pelle "Poltrona Frau", gli inserti in legno.
Una ricerca di forme e di materiali, insomma, che combinandosi con il patrimonio
quasi genetico della fantasia e della creatività italiana, definisce gli stilemi
della Casa. Tratti che da sempre, pur nell'interpretazione di progettisti
diversi, sintetizzano nelle automobili con lo scudetto blu la coerenza di
"essere Lancia".
Dopo alcune gare, spesso vittoriose, nel biennio
1908-1909, Vincenzo Lancia abbandona le competizioni e vieta espressamente la
partecipazione ufficiale delle sue vetture alle manifestazioni sportive. La
decisione può apparire paradossale, ma nasce dall'intento di concentrare tutte
le risorse dell'azienda nella progettazione e nella costruzione delle auto
stradali. Impossibile, però, impedire ai privati di correre. Così, quando i
clienti scoprono il temperamento sportivo della Lambda molti si iscrivono alle
gare. E arrivano le prime vittorie. Lo stesso accade con l'Aprilia, che a
cavallo della seconda guerra mondiale forma un'intera generazione di piloti.
Sempre, comunque, senza alcun appoggio ufficiale.
Per vedere una partecipazione diretta della Casa torinese alle corse, bisogna
attendere il 1951. Il giovane Gianni Lancia è appassionato di automobilismo
sportivo. Quattro Aurelia B21 private, ma con l'assistenza della Lancia,
prendono parte al Giro di Sicilia e si aggiudicano i primi quattro posti di
classe ai danni delle Alfa Romeo 1900, le sportive per eccellenza. Il dado è
tratto.
Alla Mille Miglia vengono iscritte quattro Aurelia B20
coupés praticamente di serie. Bracco arriva secondo, dietro alla Ferrari di
Villoresi, che ha una cilindrata doppia. Ancora Bracco, insieme con Lurani,
conquistano la vittoria di classe alla 24 ore di Le Mans.
L'entusiasmo è alle stelle. Nel '52 Bonetto vince la Targa Florio. Viene
ufficialmente costituita la Scuderia Lancia, che ha per emblema l'elefantino al
galoppo. Ormai l'obiettivo non è più battere l'Alfa nella categoria turismo.
Nasce la D20 Sport e si punta più in alto: l'avversario adesso è la Ferrari. Il
palmares degli anni '53 e '54 è colmo di successi: la Targa Florio, la Carrera
Panamericana con le nuove D24 ai primi tre posti, la Mille Miglia vinta da
Alberto Ascari.
Con l'Aurelia B20 2500 GT. Louis Chiron vince il Rally di Montecarlo. Gli allori
sportivi fanno dimenticare le difficoltà economiche dell'azienda. L'ambizione di
Gianni Lancia punta direttamente alla Formula 1.
La vettura da Gran Prix, chiamata D50, è innovativa. Il
motore è un otto cilindri a V con il cambio posteriore trasversale. I
caratteristici serbatoi laterali migliorano l'aerodinamica e permettono di
mantenere costante la distribuzione dei pesi dall'inizio alla fine della gara.
Il pilota di punta della squadra è Alberto Ascari. A Montecarlo è in testa
quando esce di strada e finisce in mare. Un tuffo pauroso, dal quale esce
miracolosamente illeso. Quattro giorni dopo è a Monza, dove Castellotti prova la
Ferrari Sport, Ascari chiede all'amico di fare qualche giro. Parte in camicia e
cravatta. Al terzo passaggio, l'incidente mortale. È il 26 maggio 1954.
La scomparsa di Ascari e il contemporaneo collasso finanziario legato, almeno in
parte, alle spese eccessive per le competizioni porta ad una decisione drastica:
basta con le corse. Il 26 luglio tutte le macchine, i motori, i pezzi di
ricambio partono per Maranello, donati dalla Lancia alla Ferrari. Non saranno
sprecati. Modificata e potenziata, la D50 (ormai Lancia-Ferrari) consentirà a
Juan Manuel Fangio di vincere nel 1956 il quarto dei suoi cinque titoli
mondiali.
Dopo l'esperienza della Formula 1 e la vendita
dell'azienda a Pesenti, sono di nuovo i privati a correre e a vincere. Uscita di
scena l'Aurelia B20, è la volta della piccola Appia, che, nella versione Gt
Zagato, è imbattibile nella classe fino a 1150 cm3. Nel 1959 appare anche la
Flaminia Sport Zagato, che ripete nella classe 2500 cm3 i successi della Appia.
Alle vittorie nelle gare di velocità, si aggiungono quelle nei rally. Piero
Frescobaldi è primo nel Rally dei Fiori 1962 al volante di una Flavia. I
responsabili della Lancia iniziano a guardare con attenzione questo tipo di
competizioni. Non vogliono tornare a un impegno oneroso come la Formula 1, ma
mettere in luce le doti di brillantezza e di tenuta di strada delle auto di
normale produzione.
Rinasce così la Squadra Corse, con il vecchio emblema dell'elefantino e la sigla
HF, cioè High Fidelity. Dapprima con la Flavia Coupé, poi con le Fulvia 2C,
Coupé e Coupé HF, le vittorie si susseguono: Tour de Corse, Rally di Sanremo (ex
Rally dei Fiori), Rac.
Nel 1972, la Fulvia Coupé 1600 HF è ormai alla fine della carriera, ma permette
a Sandro Munari importanti successi, (per esempio al Rally di Montecarlo) e
porta alla Lancia il Campionato mondiale Rally.
Con la StratosLancia ha l'"asso pigliatutto" che
permette la vittoria consecutiva di tre mondiali nel 1974, '75 e '76. Concepita
appositamente per i rally e costruita soltanto nei 400 esemplari richiesti per
l'omologazione, la Stratos è una berlinetta a motore centrale, disegnata da
Bertone ed equipaggiata con il 6 cilindri a V della Dino Ferrari.
Nel 1979 la Lancia torna sulle piste con la Lancia Beta Montecarlo Turbo . Per
due anni, il 1980 e il 1981, conquista il Campionato mondiale Marche. L'anno
successivo, è nuovamente vittoria nel Campionato mondiale Rally con la 037.
Dopo l'esperienza con le ultrapotenti vetture del Gruppo B e la decisione di
bandire dai rally le auto con più di 300 CV, la Lancia accantona lo sviluppo
della Delta S4 e punta le sue carte sulla Delta HF 4WD a trazione integrale. È
il 1987. Per sei anni, la Delta HF 4WD e le successive Delta HF Integrale e
integrale 16v, dominano la scena dei rally. Il bilancio è sei titoli mondiali
Marche consecutivi, cinque mondiali piloti, 46 vittorie assolute su 66
partecipazioni a gare mondiali, più altre innumerevoli affermazioni in gare
nazionali. Un palmares difficilmente eguagliabile.
Il primo veicolo militare costruito da Vincenzo Lancia
vede la luce nel 1912. È un camion con una portata di 22 quintali che lo Stato
Maggiore dell'esercito impiega con successo nella campagna di Libia. Si chiama
"1Z", monta il motore della famosa "25-35 HP" e raggiunge la velocità massima di
60 chilometri l'ora. Tre anni dopo, l'Italia entra in guerra e tra gli autocarri
che trasportano uomini, cannoni e rifornimenti sulla linea del Piave troviamo
oltre all'"1Z" altri due modelli Lancia: "Jota" e "Djota". Sono spinti dallo
stesso 4 cilindri di 4940 cm3 da 70 CV ma hanno la portata maggiorata a 24
quintali e telai diversi: più lungo il primo, accorciato il secondo.
Non sono i soli veicoli Lancia che nei tre anni del primo conflitto mondiale
vestono la divisa grigioverde. La Theta continua ad essere costruita per gli
alti comandi militari e sugli autotelai di "Jota", "Djota" e "1Z" vengono
realizzati trattori per il traino di artiglierie, carri per il trasporto di
fotoelettriche, autoambulanze e autoblindo armate dalla società Ansaldo. Molte
di queste unità, specie del tipo "Jota", sono adottate anche dagli eserciti
alleati.
Ma il vero successo dei veicoli militari Lancia arriva
negli anni Trenta grazie all'affermazione del motore Diesel. Un propulsore di
questo tipo, a 2 cilindri e 2 tempi, equipaggia il modello "Ro" autocarro,
prodotto per l'esercito in due versioni differenziate dal passo e dalla portata.
Una di queste può trasportare 54 quintali di carico, esattamente come il "Ro MB",
versione esclusivamente militare, studiata per la campagna d'Etiopia ed
equipaggiata con un motore 4 cilindri tipo Otto.
Costruito in circa 600 unità, il "Ro" rimane un fedele compagno delle nostre
truppe fino al 1936, quando esce di produzione.
Lo sviluppo tecnico e il rendimento dei motori Diesel, intanto, è decisamente
migliorato. Pompe e iniettori sono stati perfezionati, le camere di combustione
hanno una forma più razionale e si cominciano a sperimentare le precamere
d'accensione. Lancia, perciò, abbandona il motore a due tempi in favore del più
semplice 4 tempi. Nasce così il "3 Ro", un nuovo veicolo azionato da un
originale motore a 5 cilindri in linea di 6875 e 93 CV. Per l'esercito, questo
camion viene costruito in due versioni, l'MNSP e l'MNP, entrambe con cambio a
otto marce e ponte posteriore a semiassi portanti.
Durante l'ultimo conflitto mondiale il Lancia "3 Ro" è
con i militari italiani in Russia e in Africa dove dimostra tutta la propria
versatilità ed affidabilità, anche nella versione "autocannone", che monta un
pezzo d'artiglieria da 90 millimetri. Dal '43 in poi, le versioni Diesel,
vengono affiancate dall'"EsaRo" dotato di un propulsore a benzina da 80 CV del
quale si costruiranno 400 esemplari.
Nel 1941, intanto, il Ministero della Guerra ha chiesto alla Lancia di
progettare un autotelaio speciale, adatto alla costruzione di veicoli blindati.
Nasce così il Lince, che sotto la corazza in acciaio (da 14 a 30 millimetri)
nasconde un motore da 60 CV denominato "tipo 91" e derivato, con le opprotune
modifiche, dall'8 cilindri a V stretto dell'Astura 1a serie. La trasmissione è
sulle quattro ruote, la sospensione integralmente indipendente e la velocità
massima di 90 km/h. Il Lince, che presenta alcune geniali soluzioni nel cambio e
nel sistema di direzione, viene costruito in 250 esemplari.
Per decenni, oltre che automobili, Lancia ha prodotto
autocarri. Il debutto avviene con un camioncino realizzato nel 1911 sul telaio
della vettura Eta. Ma il primo vero veicolo industriale, l'autocarro leggero 1Z,
nasce l'anno successivo. Il motore è un potente quattro cilindri, cinque litri,
da 70 CV. L'esercito impiega con successo un certo numero di questi camion nella
guerra di Libia, sulle dure piste africane. Dal camion nasce la Theta, vettura
di gran lusso, considerata all'epoca una delle migliori auto del mondo, e questo
la dice lunga sulla qualità degli autocarri Lancia. Largamente impiegato durante
la guerra mondiale del 1915-18, lo Z è affiancato, poco prima e durante il
conflitto, dai modelli "Jota" e "Djota".
Torna la pace e ai costruttori italiani porta alcune difficoltà. Le commesse
militari si sono esaurite e nel commercio civile i trasporti pesanti su strada
hanno ancora un'importanza marginale, soddisfatta per lo più dai cosiddetti
"residuati di guerra", che l'esercito cede ai civili. Vincenzo Lancia, però,
crede nell'avvenire dei veicoli industriali e già nel 1921 dalle officine di via
Monginevro escono i modelli "Trjota" e "Tetrajota". Sono autotelai che vengono
carrozzati dall'industria specializzata come autocarri, torpedoni per il
turismo, autobus e corriere. Spinti dal collaudatissimo quattro cilindri che
equipaggia anche le vetture "Kappa" e "Dikappa", questi due autotelai sono così
riusciti ed efficienti che le richieste arrivano numerose anche dall'estero.
In Italia, intanto, cresce l'importanza dei trasporti
pesanti, favoriti dal miglioramento della rete stradale. Occorrono, ora,
autocarri più maneggevoli e di maggior portata. Così nel 1924 Lancia imposta un
nuovo camion che diventerà famoso. È il "Pentajota". Ha il passo allungato a
4,31 metri, una supeficie utile di 7,77 metri quadri, una portata di 53 quintali
e può essere considerato uno dei primi veri giganti della strada.
Accanto alle necessità del trasporto di merci, quelle del trasporto di persone.
Su sollecitazione del Comune di Milano, intenzionato a realizzare autobus urbani
con un gran numero di posti, Lancia mette a punto il telaio "Esajota". Con
geniale intuizione che precorre tempi e necessità, i tecnici Lancia lo hanno
provvisto di longheroni sagomati che consentono di abbassare l'altezza del
pavimento. Il veicolo, putroppo, è penalizzato dalla potenza insufficiente del
propulsore, rimasto immutato dai tempi della guerra. Lo stesso motore adottato
dall'autocarro "Eptajota" nato nel 1927.
Nello stesso anno, però, viene avviato il progetto di un autotelaio
completamente nuovo dalle caratteristiche molto moderne e destinato ad essere
carrozzato come autobus per servizi urbani ed interurbani: l'"Omicron". Mosso da
un sei cilindri in linea di 7060 cm3 e 91,5 CV di potenza, l'"Omicron" ha le
valvole in testa comandate direttamente da due alberi di distribuzione, il ponte
posteriore ad assale portante e il pianale ribassato.
Realizzato in due versioni (corta e lunga), l'"Omicron"
ha grande successo. Molti dei veicoli adottati dall'Azienda Tranviaria di Roma
rimangono in servizio, con piena soddisfazione di azienda e utenti, per percorsi
astronomici: più di due milioni di chilometri. Particolare curioso, l'"Omicron"
allestito come vagone-letto presta servizio di linea anche attraverso il deserto
del Sahara tra l'Algeria e il Sudan francese.
In seguito, per questo modello Lancia mette a punto un motore Diesel, cinque
cilindri, sette litri, da 93 CV. È un'alternativa al grosso propulsore a benzina
che nonostante la durata e la robustezza dell'"Omicron" ne penalizza l'economicità
di esercizio.
Siamo agli anni Trenta e Lancia acquista dalla tedesca Junkers la licenza di
fabbricazione per un altro propulsore Diesel. È un bicilindrico a due tempi, con
due pistoni contrapposti per cilindro, che viene montato sul nuovo autocarro "Ro".
Il modello, costruito in quattro versioni (due civili e due militari), viene
affiancato nel 1935 dal "Ro-Ro" e nel 1938 dal "3Ro" con propulsore Diesel a 5
cilindri.
La produzione di autocarri Lancia prosegue con l'Esatau, per concludersi nel
1969 con l'Esagamma.
"Granturismo": una parola che significa viaggiare al
volante di un'automobile potente, confortevole, elegante, mai eccessiva. Come
una Lancia. Uno stile che non ama esibire, ma predilige la discrezione. Una
meccanica studiata per offrire prestazioni finalizzate alla sicurezza e al
piacere di guida. Idee che non seguono le mode, ma semmai le anticipano,
proponendo soluzioni inedite, talvolta controcorrente, capaci di precorrere i
gusti dei consumatori e i tempi dell'evoluzione tecnica.
Novant'anni dopo, Lancia è ancora fedele a questa missione. Con la medesima
capacità di offrire soluzioni tecniche sofisticate: si pensi ai motori a 5
cilindri, 20 valvole, con testa cilindri in alluminio del tipo cross flow della
Lancia k berlina o alla recentissima Lancia k SW, la prima vettura che abbina il
sofisticato sistema idropneumatico autolivellante "Nivomat" a sospensioni di
tipo Mc Pherson. Con un'attenzione in più per le emergenti esigenze di massima
personalizzazione della vettura, che stanno trasformando il consumo di massa in
consumo "personalizzato di massa": Lancia Y è la prima vettura di grande serie
offerta, grazie all'optional Kaleidos, in una gamma di oltre cento colori.
Nel solco della tradizione è la capacità della Lancia di proporre una linea
anticonvenzionale, oggi rappresentata da Lancia Y, vettura che non trova
riferimenti nel panorama stilistico attuale. In sintonia con le più attuali
esigenze della clientela, invece, è l'ampia articolazione della gamma, che di un
medesimo modello (Lancia Dedra) propone configurazioni diverse (berlina e
station wagon) e differenti interpretazioni (Lancia Delta 5 porte e Lancia Delta
HPE). È l'attenzione alle nuove realtà come le nicchie di mercato, dove Lancia
propone la monovolume Lancia Z.
Innovare senza dimenticare le radici, in questo non
sempre facile rapporto di equilibrio, la Lancia ha saputo mantenere fino ad oggi
la propria identità, ritrovando anche quella vitalità che gli ha permesso in
poco più di un anno di rinnovare completamente la gamma: dalla Lancia Y alle
Lancia Delta e Dedra '96, dall'inedita Lancia k SW alla Lancia k berlina,
migliorata con tutti gli aggiornamenti tecnici e funzionali messi a punto nello
sviluppo della station wagon.
La sfida che Vincenzo Lancia decise di lanciare a sé stesso nel 1906, convinto
di poter offrire alla nascente industria automobilistica italiana un patrimonio
di idee e di realizzazioni ricche di spunti nuovi, è ancora aperta. Altri uomini
l'hanno raccolta e ad essa lavorano ogni giorno con la stessa passione. In
novant'anni è cambiato tutto: la società, il modo di vivere, le possibilità
tecniche, i materiali. L'auto è diventata un prodotto per tutti, componente
essenziale della qualità della nostra vita di ogni giorno. I problemi sono oggi
quelli della sicurezza, dell'ecologia, del riciclaggio, della mobilità,
dell'interazione tra veicolo e ambiente circostante. Ma una cosa è rimasta
immutata: l'impegno degli uomini Lancia a dare una risposta concreta a queste e
a tutte le altre esigenze legate all'automobile, costruendo vetture belle,
ricche di tecnica sofisticata e dotate, ogni volta, di quel qualche cosa in più
nello stile, nella tecnologia, nell' eleganza che fa la differenza.
O, se si preferisce, che fa di una vettura qualunque una Lancia.