La Targa vista da Sandro Munari

Che gara la Targa Florio del ‘72 con la Ferrari 312P ufficiale!

Il 3 – 4 novembre scorso ho partecipato alla Targa Florio storica e devo dire che ritrovarmi, dopo tanto tempo, sul circuito delle Madonie, mi ha fatto molto piacere.

E’ stata un’occasione per incontrare “vecchi” amici piloti che non vedevo da molto tempo e anche per ripercorrere il tracciato, ormai mitico, della più grande e bella corsa del mondo. Purtroppo mi sono reso conto che, il tempo che è trascorso mi ha portato via un po’ di memoria, e quindi non sono riuscito (credo che questo valga per tutti) a ricordare bene i 72 km del difficilissimo percorso.

Dovete sapere, che la Targa Florio è la più vecchia gara automobilistica del mondo. La prima edizione si è corsa nel 1906, quando le strade erano ancora bianche e quindi con difficoltà in più rispetto al più recente passato.

Era comunque la gara che tutte le case automobilistiche, e i piloti più famosi, ambivano ad aggiudicarsela. Vincere la targa, era il sogno sia dei piloti che dei costruttori, per il grande prestigio che ne derivava. Qualche pilota ci riuscì, e tra questi ci sono anch’io. Devo dire che non avrei mai pensato che mi si presentasse questa occasione, in più al volante di una Ferrari 312P ufficiale, sogno di tutti i piloti, in coppia con l’ottimo e veloce Arturo Merzario.

Tutto è successo nel 1972 e non credo che sia una cabala l’accostamento con i 72 chilometri che si dovevano percorrere per completare un giro, e neanche il fatto che, quello fosse l’ultimo anno che la Targa Florio aveva validità per il Mondiale Marche, e altresì che noi concludessimo gli 11 giri del percorso per un totale di 792 km, con il record assoluto.
Ecco le tante ragioni per essere ancora più soddisfatto di aver compiuto una “impresa” che rimarrà storica, anche perché la Targa Florio non si correrà mai più.
Il risultato fece ancora più eco, in quanto la nostra 312P era l’unica iscritta e gli avversari più agguerriti, Porsche e Alfa Romeo, schieravano entrambe 4 vetture.

Com’è successo che io sia approdato alla scuderia più famosa del mondo? E’ una storia un po’ lunga, che ha come base le mie “acrobazie” al volante della Fulvia HF nelle varie mie partecipazioni, raggiungendo ottimi risultati, superando vetture di gran lunga più potenti. Un anno, mi sembra il 1970, c’era un parco partenti eccezionale. Oltre alle rivali storiche, il trio Ferrari Alfa e Porsche, si erano presentati anche gli americani con la Ford GT40 e addirittura la Chapparal; che montava un vistosissimo alettone posteriore, che a mio avviso, non poteva essere di grand’utilità in un percorso così tortuoso e difficile.

La maggior parte di esse schierava almeno 4 vetture, in più c’erano ovviamente, una miriade di sport prototipi non ufficiali. Ebbene, il giorno delle prove ufficiali con la Fulvietta ottenni il 12° tempo assoluto. Inoltre, Ignazio Giunti, con il quale avevamo fatto moltissime prove insieme sia alla Targa che al Mugello e quindi conosceva molto bene le mie caratteristiche di guida.
Aveva chiesto in Ferrari di correre una Targa Florio in coppia con me. Purtroppo non ebbi la possibilità di avere questo privilegio, perché il povero Ignazio perì sul circuito americano di Walkings Glen per colpa di una manovra maldestra del pilota francese Beltoise. Inoltre era il periodo che il gruppo Fiat stava trattando l’acquisto della Lancia. Questa manovra veniva proprio al momento giusto, perché la Lancia voleva portare in porto il progetto della costruzione della Stratos, macchina che poi si rivelò straordinaria, ma non aveva un motore idoneo alle caratteristiche di questa incredibile vettura. Dal momento che anche la Ferrari faceva parte del gruppo, iniziarono delle lunghe trattative; alla fine fui messo anch’io sulla bilancia come “merce” di scambio, ovviamente in prestito per correre la Targa Florio.
Dopo la vittoria siciliana, mi offrirono di correre la 1.000 km. di Zeltweg in Austria dove, sempre in coppia con Arturo, finimmo solo quarti, avendo accusato parecchi guai, in particolare all’impianto elettrico.

Targa Florio 1973 con la Stratos: indimenticabile!

C’è un altro aneddoto interessante da raccontare inerente alla mia ultima partecipazione alla Targa Florio del 1973.
La gara che non era più valida per il Campionato Mondiale Marche, ma che non aveva comunque perso il suo fascino ed interesse, infatti, la partecipazione sia di case ufficiali che di piloti importanti era sempre molto nutrita.

La distanza da percorrere era rimasta uguale. Ricordo per coloro che non avessero letto il numero precedente, che i giri da percorrere erano 11 e i chilometri per giro 72. In quest’edizione ho partecipato con la Lancia Stratos, in coppia con il francese Jean Claude Andruet che da quell’anno era entrato nella squadra corse Lancia.
La vettura non era ancora completamente sviluppata. Così come il motore Ferrari a sei cilindri di 2400 cc, ancora due valvole per cilindro non erogava più di 250 cv circa, ma che per un circuito così tortuoso ed impegnativo erano abbastanza, se la coppia massima era molto basso, accorgimento indispensabile per sfruttare al meglio l’accelerazione all’uscita dalle migliaia di curve, con evidente guadagno in termini di secondi preziosi.

Come sempre prima delle gare, soprattutto in quelle più importanti, si cerca di organizzare e prevedere tutto, anche se nonostante ciò, a volte le cose non funzionano come si avrebbe voluto, ma tant’è si sa che nelle corse c’è sempre una parte che non è prevedibile.

La squadra Lancia, in quell’occasione era sicuramente tra le più organizzate, anche se non aveva il budget così corposo come l’avevano i grandi squadroni. Basti pensare che era l’unica squadra, e questo derivava dall’esperienza rallistica, che utilizzava un gruppo d’appassionati radioamatori siciliani molto bravi, per le segnalazioni tra box e piloti. Nel caso della Targa Florio avere notizie in tempo reale era una cosa basilare; in quanto la frequenza dei passaggi davanti ai box, non era come quella che avviene in un circuito di cinque chilometri. Qui se ne dovevano percorrere 72, ecco spiegato che importanza poteva avere disporre di un servizio d’informazione diretto.

Ma veniamo all’aneddoto di cui vi ho parlato in apertura. Si tratta di uno di quei particolari non prevedibili; che quando accadono possono mettere in crisi tutta l’organizzazione, sebbene fosse studiata e preparata a puntino.

Dopo il mio primo turno di guida, cedetti il volante ad Andruet; al suo secondo giro entrò ai box (fermata non prevista) perché si era rotta la guida del sedile (cosa che io avevo già notato). I meccanici, non avendo la possibilità di ripararlo, bloccarono il sedile tutto indietro a fine corsa.

A quel punto Jean Claude essendo molto più piccolo di me, non poteva più guidare, poiché non arrivava con i piedi alla pedaliera. Così Fiorio mi disse: ‘Sali tu e “arrangiati” come puoi’. Anch’io ovviamente non ero nella migliore posizione per guidare al massimo, ma tant’è che dovetti adeguarmi in fretta, volevamo recuperare il tempo perso.

Fin qui “tutto normale”, se non che alla fine della gara mancavano ancora sei giri, ed era sottinteso che avrei dovuto accollarmeli io. Tre li avevo già fatti all’inizio, quindi facendo un rapido calcolo, mentre la Stratos rombava e schizzava da una curva all’altra, in totale avrei dovuto guidare “solo” 648 chilometri. Di solito guidarne la metà era già faticoso, quindi non so se voi abbiate un’idea di cosa voglia dire in termini di stress, concentrazione e fatica guidare sulle strade della Targa Florio per sei ore, e per giunta, seduto in maniera precaria. Ebbene devo dire che arrivando secondo assoluto, pur non avendo vinto, ho avuto una gran soddisfazione per com’erano andate le cose.

Ciò a dimostrazione che nelle corse, anche se si crede di aver preparato tutto alla perfezione, ci si piò trovare a gestire situazioni in emergenza, compresa quella di un super lavoro straordinario, per il quale non mi ero sicuramente preparato. Ma noi piloti “di vecchio stampo”, eravamo in grado di sacrificarci e di sopportare fatiche immemorabili.

Il grande pubblico non pensa che, per fare il pilota, si debba essere anche atleti, secondo l’opinione di massa guidare non deve essere così faticoso, tanto chi spinge la macchina è il motore e sterzare a destra e a sinistra non ci vuole molto, per cui…

Per smentire queste credenze popolari, bisognerebbe solo che provassero a guidare 9 giri della Targa Florio anche ad andatura turistica e con una vettura di serie.

La mia Targa Florio

Si è appena svolta la rievocazione storica della gara automobilistica più vecchia al mondo: la Targa Florio.
Era infatti il 1906 quando Vincenzo Florio ebbe l’idea di dare vita alla prima edizione della corsa siciliana.
All’organizzazione della manifestazione di quest’anno, gli si deve attribuire il merito di aver tentato di tenere vivo il ricordo di uno straordinario avvenimento mondiale di grande importanza, sportivo e sociale; a dispetto di “venti” contrari. Tra i suoi obiettivi, c’era anche quello di richiamare l’attenzione su alcuni gravi problemi e sollecitare le forze politiche a sostenere maggiormente iniziative del genere. E’ stata comunque una buona occasione per tutti i presenti per ammirare delle magnifiche vetture e per incontrare tanti piloti importanti che con le loro imprese hanno contribuito a far scrivere pagine di storia indelebili.

L’alone di gloria e fascino sportivo che ancora oggi circondano questa mitica competizione, è così forte da aver attirato sul tracciato delle Madonie, tantissimi appassionati e soprattutto i grandi “manici” dell’automobilismo.
Prima di tutti vorrei citare il “Preside Volante”, così è ricordato con grande affetto ancora oggi Ninni Vaccarella, il fortissimo pilota siciliano. Questo appellativo, per chi non lo sapesse, gli è stato dato in quanto era preside di una grande scuola di Palermo e nei ritagli di tempo si vestiva da pilota e andava a correre… veloce come il vento. Ninni ha corso in tutto il mondo, sia con i Prototipi che in Formula Uno, con le più prestigiose vetture dell’epoca; Ferrari, Maserati ecc., vincendo ovunque. Ma Ninni resta per tutti il “Mago” della Targa Florio, per aver iscritto nell’albo d’oro il proprio nome per ben 3 volte. Unico pilota al mondo che può fregiarsi di questo incredibile e ormai imbattibile record.

La corsa siciliana infatti “cessò di vivere” nel 1977, perché ritenuta dalle massime autorità sportive internazionali troppo pericolosa. Ma questo non poteva certo scoraggiare i veri appassionati e sostenitori di quella che è stata, non solo per me, la più bella gara del mondo.
Non si poteva assistere impotenti che questo enorme patrimonio storico-culturale si disperdesse nel tempo.
A testimonianza di quanto sto dicendo, devo segnalare la gradita presenza ai box di Cerda di un altro indimenticabile campionissimo; Jackie Jckx.
Il belga ha corso alla Targa Florio una sola volta nel 1973 con la Ferrari; ma anche lui è stato “stregato” da questa affascinante, intrigante ed esaltante gara.
Nessuno avrebbe potuto resistere alla “Sirena” delle Madonie; per la bellezza e le difficoltà del tracciato, ma anche per il calore e l’entusiasmo che gli oltre 600.000 appassionati, assiepati lungo i 72 chilometri del percorso, attribuivano a tutti i concorrenti. (nessuna manifestazione sportiva al mondo ha mai registrato un affluenza di pubblico così numeroso).

Jackie è stato veramente un ottimo ambasciatore dello sport. Pur assediato da un numeroso e festante pubblico, è riuscito ad accontentare tutti, firmando autografi, rilasciando interviste e rendendosi disponibile a farsi fotografare con chiunque glielo chiedesse. Pertanto vorrei ringraziare affettuosamente Ninni e Jackie perché con la loro presenza hanno contribuito ad alimentare le speranze di mantenere vivo l’interesse per questa gloriosa manifestazione. Un vero esempio di professionalità, cosa rara di questi tempi.

Forse i piloti di oggi avrebbero bisogno di conoscere un po’ più da vicino, cosa significhi sudare le proverbiali sette camicie per ottenere dei successi.
Un altro elemento che gli ha fatto perdere forse la loro dimensione umana, è che oggi correndo meno rischi non si sentono dei miracolati come i loro colleghi del passato; ecco perché “volano” così alti. Meditate piloti, meditate!